Per offrire una risposta esaustiva alla domanda è necessario attirare l’attenzione sulla realtà del matrimonio cristiano al fine di evitare confusioni e inutili speranze.
1. Il matrimonio secondo la Chiesa Cattolica.
La riflessione teologica, i documenti del magistero della Chiesa, e il Codice di diritto canonico del 1983 descrivono il matrimonio come:
- un patto coniugale con cui un uomo e una donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita,
- per sua natura ordinato al bene dei coniugi
- alla procreazione ed educazione della prole.
Le sue proprietà essenziali sono l’unità e l’indissolubilità.
Tra due battezzati, poi, il patto coniugale è sacramento.
La realtà matrimoniale sorge dal consenso delle parti, legittimamente manifestato tra un uomo e una donna, giuridicamente abili.
Il consenso è l’atto di volontà con cui l’uomo e la donna, con patto irrevocabile, danno e accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio.
Il patto coniugale, espresso con un valido consenso, è indissolubile. Quando si tratta di un sacramento, cioè di un consenso valido espresso tra due battezzati, nessuna autorità umana può sciogliere questo matrimonio.
2. Nessun matrimonio validamente celebrato può essere dichiarato nullo.
Non esiste l’annullamento del matrimonio.
Con il termine “annullamento” si indica il togliere valore ed efficacia a un atto che invece per se stesso possiede questo valore ed efficacia. In riferimento al matrimonio, questo significherebbe che, di fronte a un consenso matrimoniale valido, dal quale è sorta una realtà indissolubile, come il matrimonio nel suo svolgersi, la Chiesa verrebbe meno al suo compito e non rispetterebbe l’indissolubilità del matrimonio.
Quello che comunemente si dice “annullamento del matrimonio”, in realtà, è una dichiarazione di nullità del matrimonio: Con la dichiarazione di nullità La Chiesa dichiara che un matrimonio non è valido.
3. Indissolubilità del matrimonio e dichiarazione di nullità
Il matrimonio celebrato validamente è indissolubile, e questa affermazione conserva sempre il suo valore e la sua importanza.
Laddove, però, non ci sia consenso valido, in quel caso non c’è neppure un valido matrimonio; manca la realtà che deve essere indissolubile.
Ben si comprende, allora, la differenza esistente tra la dichiarazione di nullità del matrimonio e il divorzio civile.
Mentre infatti con la dichiarazione di nullità la Chiesa dichiara, dopo un’accurata indagine, che il matrimonio non è mai esistito validamente, perché gravemente viziato all’origine, con il divorzio lo stato (la Chiesa non lo ammette) riconosce la volontà dei coniugi di sciogliere il loro matrimonio. In altri termini la dichiarazione di nullità non è un «divorzio cattolico», perché non scioglie il matrimonio, ma soltanto riconosce il dato di fatto che un matrimonio non è mai esistito validamente.
4. Gli effetti della dichiarazione di nullità del matrimonio
L’effetto principale della dichiarazione di nullità consiste nella possibilità, che viene data generalmente alle parti, di essere libere di celebrare validamente un matrimonio, qualora lo desiderino.
In tale modo, le persone che hanno iniziato una nuova relazione di tipo coniugale, senza essere unite nel sacramento del matrimonio – anche nel caso in cui siano tra di loro sposate civilmente –, hanno la possibilità di accedere ai sacramenti della Confessione e della Eucaristia, e di essere padrini o madrine nella celebrazione del sacramento del Battesimo e della Confermazione.
5. Cosa deve fare chi ritiene che il suo matrimonio sia nullo.
Chi ritiene che il suo matrimonio sia nullo, oppure semplicemente desidera fare chiarezza sulla propria situazione matrimoniale precedente, può chiedere informazioni al proprio parroco o alla la curia diocesana.
Si rivolge poi a un avvocato abilitato ad esercitare presso il Tribunale ecclesiastico con cui analizzare la propria vicenda coniugale, soprattutto nel periodo precedente il consenso matrimoniale.
S vi sono chiari e provati motivi che danno fondatezza a una domanda di nullità matrimoniale, si presenta una domanda (“libello”) al Tribunale Ecclesiastico.
6. Il processo
Una volta introdotto il libello, inizia il cosiddetto “processo”, il cui scopo è quello di cercare la verità della situazione matrimoniale. Nel corso del processo viene data la possibilità ai due coniugi di dire la loro versione dei fatti circa la vicenda del fidanzamento e del matrimonio. Vengono interpellati anche dei testimoni (di solito familiari e amici dei coniugi), i quali, con le loro deposizioni, aiutano a fare maggiore chiarezza sulla vicenda che si è chiamati ad esaminare. Naturalmente, vista l’importanza e la delicatezza dell’argomento, si richiede da parte di tutti l’impegno di dire la verità. Inoltre tutto quello che si apprende viene trattato con la dovuta riservatezza, rispettando la privacy delle persone.
Al termine di questa raccolta delle prove, un “collegio” composto da tre giudici deve decidere se la domanda di nullità di matrimonio è fondata oppure non. Qualora si decida che il matrimonio è nullo, perché la causa si possa considerare conclusa, è necessario che essa riceva la conferma in appello da un altro collegio di tre giudici.
7. Il tempo necessario per ottenere una dichiarazione di nullità
Generalmente sono necessari circa tre anni per avere sentenza di dichiarazione di nullità, compresi i tempi necessari per la conferma in appello. Tuttavia alcune cause possono richiedere tempi più lunghi, qualora ad esempio uno dei due coniugi non voglia intervenire nel procedimento, oppure siano necessarie perizie psicologiche, oppure la causa presenti delle situazioni complesse da esaminare e da accertare, che richiedono tempi necessariamente più lunghi.
8. Quanto costa chiedere la nullità del matrimonio
Dal 1998 è in vigore una normativa della Conferenza Episcopale Italiana che disciplina questa materia con norme comuni per tutta l’Italia.
Il principio fondamentale, a cui si ispirano le norme della CEI, è il seguente: la dichiarazione di nullità del matrimonio è un aiuto pastorale, che riguarda la vita cristiana dei fedeli.
Pertanto, la Chiesa si preoccupa che il contributo economico richiesto per le spese processuali e per l’assistenza da parte di un avvocato non allontani i fedeli, che abbiano fondati motivi per avvalersene, da tale strumento, riguardante la loro coscienza e la loro vita cristiana.
Per chi si trovasse in serie e documentate difficoltà economiche, sono previsti sia la dispensa totale o parziale dalle spese processuali, sia la possibilità dell’assistenza gratuita da parte dei Patrono stabile del Tribunale ecclesiastico o da un patrono d’ufficio incaricato dal Tribunale stesso.
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