L'Istruzione "Dignitas connubii" offre ai giudici dei tribunali ecclesiastici un documento di indole pratica, una sorta di vademecum, che serva da guida immediata per un miglior adempimento del loro lavoro nei processi canonici di nullità matrimoniale.
Un documento analogo fu redatto nel 1936 con l'Istruzione "Provida Mater", che si riferiva al Codice di Diritto Canonico del 1917.
La "Dignitas connubii" è stata emanata per facilitare la consultazione e l'applicazione del Codice di Diritto Canonico del 1983. Infatti, da un lato, l'Istruzione presenta insieme tutto ciò che riguarda i processi canonici di nullità matrimoniale - a differenza del Codice, che contiene le norme in proposito sparse in diverse parti - e, dall'altro, si integrano gli sviluppi giuridici che si sono verificati nel periodo immediatamente postcodiciale: (...) contiene delle interpretazioni, dei chiarimenti sulle disposizioni delle leggi e delle ulteriori disposizioni sui procedimenti per la loro esecuzione.
L’Istruzione conferma la necessità di sottomettere la questione sulla validità di nullità del matrimonio dei fedeli a un processo veramente giudiziario.
A volte si ipotizzano vie di soluzioni più semplici, che addirittura risolverebbero il problema nel solo foro interno, mediante la cosiddetta 'nullità di coscienza', in cui la Chiesa altro non farebbe che prendere atto della convinzione degli stessi sposi circa la validità o meno del loro matrimonio. Talvolta, si auspica pure che la Chiesa rinunzi ad ogni sorta di processo, lasciando questi problemi giuridici nelle mani dei tribunali civili.
La Chiesa, al contrario, ribadisce la sua competenza per occuparsi di queste cause, poiché in esse è in gioco l'esistenza del matrimonio di almeno uno dei suoi fedeli, e tenendo soprattutto conto che il matrimonio è uno dei sette sacramenti istituiti dallo stesso Cristo ed affidati alla Chiesa. Disinteressarsi di questo problema equivarrebbe ad oscurare in pratica la stessa sacramentalità del matrimonio. Ciò risulterebbe ancor meno comprensibile nelle attuali circostanze di confusione sull'identità naturale del matrimonio e della famiglia in alcune legislazioni civili che non solo accolgono e facilitano il divorzio, ma addirittura, in qualche caso, mettono in dubbio l'eterosessualità come aspetto essenziale del matrimonio.
In un contesto di mentalità divorzistica, anche i processi canonici di nullità possono essere facilmente fraintesi, come se non fossero altro che vie per ottenere un divorzio con l'apparente beneplacito della Chiesa. (…) La dichiarazione di nullità non è nessun scioglimento di un vincolo esistente, bensì solo la constatazione, a nome della Chiesa, dell'inesistenza di un vero matrimonio fin dall'inizio. Anzi, la Chiesa favorisce la convalida dei matrimoni nulli, quando essa sia possibile.
“Gli stessi coniugi devono essere i primi a comprendere che solo nella leale ricerca della verità si trova il loro vero bene, senza escludere a priori la possibile convalidazione di un'unione che, pur non essendo ancora matrimoniale, contiene elementi di bene, per loro e per i figli, che vanno attentamente valutati in coscienza prima di prendere una diversa decisione”. (Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 28 gennaio 2002, n. 6)".
Un documento analogo fu redatto nel 1936 con l'Istruzione "Provida Mater", che si riferiva al Codice di Diritto Canonico del 1917.
La "Dignitas connubii" è stata emanata per facilitare la consultazione e l'applicazione del Codice di Diritto Canonico del 1983. Infatti, da un lato, l'Istruzione presenta insieme tutto ciò che riguarda i processi canonici di nullità matrimoniale - a differenza del Codice, che contiene le norme in proposito sparse in diverse parti - e, dall'altro, si integrano gli sviluppi giuridici che si sono verificati nel periodo immediatamente postcodiciale: (...) contiene delle interpretazioni, dei chiarimenti sulle disposizioni delle leggi e delle ulteriori disposizioni sui procedimenti per la loro esecuzione.
L’Istruzione conferma la necessità di sottomettere la questione sulla validità di nullità del matrimonio dei fedeli a un processo veramente giudiziario.
A volte si ipotizzano vie di soluzioni più semplici, che addirittura risolverebbero il problema nel solo foro interno, mediante la cosiddetta 'nullità di coscienza', in cui la Chiesa altro non farebbe che prendere atto della convinzione degli stessi sposi circa la validità o meno del loro matrimonio. Talvolta, si auspica pure che la Chiesa rinunzi ad ogni sorta di processo, lasciando questi problemi giuridici nelle mani dei tribunali civili.
La Chiesa, al contrario, ribadisce la sua competenza per occuparsi di queste cause, poiché in esse è in gioco l'esistenza del matrimonio di almeno uno dei suoi fedeli, e tenendo soprattutto conto che il matrimonio è uno dei sette sacramenti istituiti dallo stesso Cristo ed affidati alla Chiesa. Disinteressarsi di questo problema equivarrebbe ad oscurare in pratica la stessa sacramentalità del matrimonio. Ciò risulterebbe ancor meno comprensibile nelle attuali circostanze di confusione sull'identità naturale del matrimonio e della famiglia in alcune legislazioni civili che non solo accolgono e facilitano il divorzio, ma addirittura, in qualche caso, mettono in dubbio l'eterosessualità come aspetto essenziale del matrimonio.
In un contesto di mentalità divorzistica, anche i processi canonici di nullità possono essere facilmente fraintesi, come se non fossero altro che vie per ottenere un divorzio con l'apparente beneplacito della Chiesa. (…) La dichiarazione di nullità non è nessun scioglimento di un vincolo esistente, bensì solo la constatazione, a nome della Chiesa, dell'inesistenza di un vero matrimonio fin dall'inizio. Anzi, la Chiesa favorisce la convalida dei matrimoni nulli, quando essa sia possibile.
“Gli stessi coniugi devono essere i primi a comprendere che solo nella leale ricerca della verità si trova il loro vero bene, senza escludere a priori la possibile convalidazione di un'unione che, pur non essendo ancora matrimoniale, contiene elementi di bene, per loro e per i figli, che vanno attentamente valutati in coscienza prima di prendere una diversa decisione”. (Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 28 gennaio 2002, n. 6)".
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